I nostri smartphone sono i nostri archivi personali. Contengono le nostre fotografie, i nostri ricordi, le nostre relazioni. A volte, anche le prove di ciò che ci viene detto e di ciò che ci succede. Ma possiamo utilizzare sms, email e screenshot queste come prove anche nei procedimenti giudiziari? Vediamo cosa ne pensa la legge.
Sms, Email, Screenshot nel diritto italiano
Innanzitutto partiamo dal concetto basilare della “prova”. La nostra legge prevede che qualsiasi decisione o qualsiasi procedimento debbano essere basati su fatti reali, che possono essere provati. Le prove possono essere di diverse tipologie. Non le citeremo tutte ma prendiamo il caso che ci interessa.
Gli screenshot, le email e gli sms, rientrano a tutti gli effetti nelle cosiddette prove documentali, quando si parla di documento, infatti, non si fa distinzione tra ciò che può essere analogico o digitale.
Esistono, poi, le prove definite Tipiche e quelle definite Atipiche, dove tipiche sta per stabilite e definite per legge e atipiche, invece, ammesse o meno a discrezione del giudice che le valuta in relazione al procedimento. Non esistono articoli dei nostri codici relativi agli screenshot, agli sms o alle email, quindi questi ultimi sono considerati prove atipiche. Vediamole nel dettaglio.
Screenshot, email, sms possono essere ammessi in giudizio o rifiutati se non hanno attinenza o se non sono utili, ma sono sicuramente legittimi, perché:
- Sms, messaggi di messaggistica istantanea come whatsapp o simili, e gli screenshot di questi messaggi non fanno altro che provare uno scambio, un’interazione avvenuta tra due persone. Se in quella interazione, ci sono cose utili alla decisione, il giudice può ammetterle come prove.
- Non solo sms o messaggistica, il discorso vale anche per i social network. Pensate al caso della diffamazione online, dove ogni commento, correttamente “stampato” e “catturato” nella memoria del telefono è utile a provare la condotta incriminata.
- Per quanto riguarda le e mail, invece, è ancora più facile. Le e mail sono classica corrispondenza digitale, quindi provano sicuramente un contatto o una comunicazione portata a termine. Se consideriamo poi il caso delle pec, quindi della posta certificata, possiamo spingerci oltre perché questo tipo di posta è praticamente equivalente alla posta tracciata, alle raccomandate, per intenderci.
Se il giudice accetta queste prove, la controparte può però contestarle.
Non è raro che chi si trova dall’altra parte della barricata, e quindi la persona “screenshottata” si opponga all’acquisizione di queste prove, contestandone la loro autenticità. Esistono infatti dei programmi che modificano anche gli screenshot o direttamente i messaggi ricevuti.
Per valutare queste prove, il giudice deve accertarsi della loro affidabilità, della loro provenienza e della loro attendibilità.
E se la controparte non prova, concretamente, che sia avvenuta la contraffazione allora le prove sono valide e ammesse.

Le sentenze
I cybercrimes sono sempre più diffusi e le prove digitali sono entrate prepotentemente nelle aule di giustizia. La Cassazione si è ritrovata più volte a ribadire la loro legittimità, in particolare:
- Con sentenza n. 1822/2018 precisava la natura documentale di queste prove:
“I dati informatici acquisiti dalla memoria del telefono in uso all’indagata (sms, messaggi whatsApp, messaggi di posta elettronica “scaricati” e/o conservati nella memoria dell’apparecchio cellulare) hanno natura di documenti ai sensi dell’art. 234 c.p.p.”
- La sentenza n. 8332/2020, invece, specifica che uno screenshot ha lo stesso valore di una fotografia perché, anziché riprendere un’immagine, riprende una conversazione o alcuni messaggi.
- Con la sentenza n. 8736/2018, invece, in maniera ancora più particolare, si precisava che persino lo screenshot di una particolare posizione di google earth può valere come prova documentale e quindi essere ammessa a processo. Quindi, non solo conversazioni ma anche screenshot di siti web e social network.
- Inoltre, molto recentemente, anche il Tribunale di Velletri con sentenza n. 664/2020 si è espresso a favore dell’utilizzo di queste prove, nel caso di un tradimento che poteva essere provato solo tramite screenshot delle chat tra marito e amante.
Anche in questo caso, l’aiuto di un buon investigatore si rivela fondamentale. Il fascicolo presentato in giudizio può includere anche queste prove digitali, se correttamente conservate e “catturate”. Di contro, grazie all’aiuto di vari esperti del settore, è possibile verificare una sofisticazione, e quindi provare che quelle prove siano state modificate.