Quando i genitori mettono a rischio i loro figli: cosa è lo Sharenting

Il racconto delle nostre vite, passa, inevitabilmente, dai social. Con fotografie e post raccontiamo le nostre giornate. Ma cosa succede se in quelle foto, compaiono i nostri figli? Vediamo insieme il fenomeno dello Sharenting e perché è pericoloso per i minori.

Cos’è lo Sharenting 

Lo Sharenting (spesso detto Over Sharenting) è il fenomeno di sovraesposizione dei propri figli, attraverso la condivisione delle loro fotografie o dei loro video sui social.

È correlato ai fenomeni chiamati “TMI”, too much information, perché letteralmente rischia di mettere a conoscenza gli estranei delle nostre informazioni riservate.

Questo termine esiste dal 2010 ma solo negli ultimi anni si è diffuso in maniera pericolosa tra i genitori. Alcuni bambini fanno il loro esordio virtuale nelle foto della loro ecografia. Altri invece debuttano nelle foto di famiglia sui social. Attualmente, quasi il 90% dei bambini sotto i due anni è già presente in almeno una fotografia online.

I genitori decidono per i figli, è così di norma. Chiaramente, a nessun genitore è vietato condividere gli step della crescita dei propri figli online ma condividere le foto dei bambini non equivale a mostrare l’album dei ricordi a parenti e amici

Condividere immagini dei bambini in gruppi di genitori, per esempio, non elimina i pericoli. Non tutte le persone, in quel gruppo, hanno gli stessi interessi…e gli stessi scopi.

Ecco perché qualsiasi condivisione, di tematiche a rischio (per la salute o per la crescita) andrebbe fatta in forma anonima.

E allo stesso modo, anche condividere le foto dei propri figli in gruppi ristretti di amici, non li protegge dalle possibili ri-condivisioni dei post ed, inevitabilmente, della loro immagine.

Senza poi considerare che il web, per sua natura, concede a tutti diritto di parola e non sempre quelle parole sono “buone”.

Immaginate quindi l’impossibilità di un minore di potersi difendere dalle offese o dalle considerazioni non richieste degli altri utenti del web. O la sua ancora più pericolosa esposizione a tutti i fenomeni di pedopornografia.

Esistono, inoltre, dei casi limite, dove addirittura l’immagine dei propri figli viene utilizzata con finalità di marketing e pubblicità, con la conseguenza che gli affetti più importanti vengono ridotti ad una mera sponsorizzazione di un prodotto.

Questo è, in linea generale, il contesto dello sharenting e le sue “forme”. Vediamo nello specifico cosa rischia con questo comportamento.

Cosa si rischia

Questo è un fenomeno molto complesso che vede, da una parte, i doveri dei genitori e dall’altra i diritti dei figli. I rischi di questo comportamento sono molto concreti, vediamoli nel dettaglio:

  •  rischio di creare un contenuto eterno che neanche i figli, da adulti, potranno eliminare dal web, contravvenendo a quel preciso “diritto all’oblio” che permette a chiunque di essere dimenticato.
  • rischio che qualcuno si appropri dell’identità del bambino, in quanto spesso i genitori condividono non soltanto fotografie ma anche informazioni sensibili sui loro figli, come data e luogo di nascita, luoghi e scuole frequentate ecc.
  • rischio, estremamente prevedibile, che le fotografie dei propri figli finiscano negli angoli del web dove circola materiale pedopornografico. Le statistiche più aggiornate confermano che circa l’80% del materiale pedopornografico presente su internet è direttamente scaricato dalle pagine personali dei genitori e delle famiglie.
  • rischi legati alla riservatezza, anche il Garante della Privacy ha specificato che i più meritevoli di protezione sono appunto i bambini ed i ragazzi. Attualmente, esiste un limite per l’identità digitale, fissato a 16 anni, sceso a 13 per l’utilizzo di determinate applicazioni. È chiaro che, prima di quell’età, la privacy dei bambini è protetta dai genitori. Ma siamo davvero sicuri che, in certi casi, sia una buona idea?
  • rischio molto concreto, che si sta affacciando recentemente nel panorama giudiziario, di cause milionarie che vedono i figli contrapporsi ai genitori, perché una volta diventati adulti o giovani/adulti scoprono di essere già presenti online e con contenuti imbarazzanti per la loro crescita personale e professionale.
sharenting

Alcuni consigli

Noi di Nemesis, conoscendo la pericolosità di questo fenomeno, vorremmo darvi qualche piccolo consiglio da mettere in pratica quando decidete di condividere materiale sensibile che riguarda i vostri figli:

  • Se per voi condividere è importante, ricordatevi sempre di controllare le impostazioni della privacy di ogni social. È possibile nascondere certi contenuti, renderli privati oppure vietarne la visione/condivisione a chi non è tra i vostri contatti.
  • Mai localizzare la foto di un bambino, per ovvi motivi di sicurezza.
  • Mai pubblicare la foto di un bambino senza vestiti. Pubblicarla vestito non esclude comunque il rischio, perché sono ormai note le tecniche di manipolazione delle fotografie per poterle rivendere al mercato nero della pedopornografia.
  • Cercate di valutare gli effetti “potenziali” di quella condivisione. Gli adulti scattano e condividono fotografie che possono sembrare dolci o buffe, senza considerare che quel bambino un giorno sarà un adulto e potrebbe sentirsi in imbarazzo, soprattutto per la sua reputazione.

Dopo queste lunghe considerazioni sul fenomeno, vi lasciamo con una domanda forse un po’ provocatoria. Considerando che i nostri figli sono i “nativi digitali” per eccellenza, perché non chiedere direttamente ai bambini se sono d’accordo che la loro immagine venga postata in rete?