Abbiamo già scritto, diverse volte, sul tema della malattia e del licenziamento per giusta causa. Ma una nuova pronuncia di un tribunale, ci obbliga a tornare sull’argomento per dare una giusta precisazione.
Vediamo quindi insieme il caso della spesa nei giorni di malattia.
Il caso
Il caso di Sonia Assanelli, riportato dalla stampa negli ultimi giorni, riapre la questione del licenziamento per falsa malattia o per abuso della stessa e il ruolo dell’investigatore in questi casi.
La signora Assanelli, dipendente di una società di consulenza, era stata licenziata per giusta causa dopo l’esito di un’investigazione a suo carico. La signora si trovava in malattia dopo un’operazione e un lungo decorso di guarigione.
L’investigatore aveva verificato, e provato, che la stessa si recava senza alcuna difficoltà a fare la spesa, guidando la sua automobile e senza l’aiuto di altre persone.
Dopo la consegna del fascicolo da parte dell’investigatore al datore di lavoro, la dipendente viene licenziata per giusta causa, per abuso della malattia. Il datore di lavoro era infatti convinto che la stessa, con il suo comportamento “normale”, stesse ostacolando il suo naturale percorso di guarigione e, quindi, inevitabilmente allungando i tempi del suo rientro al lavoro.
Specifichiamo, per prima cosa, che chi viene licenziato dalla sua azienda o dal suo datore di lavoro, può presentare ricorso, per permettere che qualcuno di esterno, un giudice, in maniera obiettiva, riesamini le motivazioni del licenziamento stesso.
Ed è ciò che ha fatto la dipendente in questione, presentando ricorso contro il licenziamento, chiedendo di essere reintegrata nel suo posto di lavoro, e chiedendo inoltre un risarcimento per violazione della privacy. La signora, infatti, si era sentita violata per i continui pedinamenti e per le fotografie, scattate dall’investigatore, che la ritraevano nelle sue faccende quotidiane.

La sentenza
Il tribunale interpellato dalla signora Assanelli le ha dato ragione, ammettendo il suo reintegro in azienda.
Non è vero, infatti, che chi è in malattia non possa recarsi a fare la spesa, rientrando quest’ultima nelle tipiche faccende di necessità. Inoltre, il fatto che la signora si recasse a fare la spesa da sola, poteva anche significare un suo graduale ritorno alla “normalità” che di certo non poteva pregiudicare la sua guarigione.
Cattive notizie per la signora, invece, in tema di privacy.
I datori di lavoro possono sempre rivolgersi alle agenzie di investigazione se hanno il dubbio che un dipendente sia scorretto, l’importante è che gli investigatori non sconfinino in ambiti che non li riguardano.
Un investigatore non potrà mai vigilare sull’attività lavorativa di un dipendente, attività che peraltro spetta al solo datore di lavoro ma potrà sempre intervenire per verificare la lealtà dei dipendenti.
Inoltre, ogni investigatore è libero di fotografare e pedinare la persona se essa si trova in pubblico, come la signora in questione, che si trovava in un supermercato.
Queste sentenze sono molto preziose, soprattutto in un ambito come quello delle investigazioni che ha sempre bisogno di essere il più chiaro e limpido possibile.
Se sospettate che un vostro dipendente abusi della sua malattia o se siete stati licenziati per questa ragione, non esitate a contattarci. I nostri professionisti sapranno indirizzarvi verso le giuste azioni da intraprendere a vostra tutela.