La condivisione di materiale privato non si ferma alle foto scottanti o ai video intimi. Una moltitudine di persone condivide e diffonde anche conversazioni, avvenute attraverso gli smartphone o i social network, pensando di non subirne conseguenze. Perciò vediamo insieme se è reato diffondere chat o conversazioni private.
Screenshot e diffusione di conversazioni private
Basta premere un pulsante ed ecco confezionata la prova di una conversazione. Si chiama Screenshot, ed è il metodo con il quale è possibile catturare, come una fotografia, una conversazione avvenuta tramite smartphone, spesso ad insaputa di chi ne ha preso parte.
Gli screenshot sono oggetto di diverse diatribe, una delle quali, forse la più importante, riguarda il loro ingresso nelle corti di giustizia come vere e proprie prove. Ne abbiamo parlato in questo articolo “gli sms, le email e gli screenshot sono prove?” nel quale potete approfondire la questione.
Perché gli screenshot sono così utilizzati? Per provare relazioni extraconiugali, diffamazioni e, a volte, per minacciare. Ma è possibile condividere conversazioni private senza il consenso dei partecipanti? A questo proposito, ci viene in aiuto l’art. 617 del nostro codice penale, denominato “Diffusione di riprese e registrazioni di comunicazioni fraudolente”:
“Chiunque al fine di recare danno all’altrui reputazione o immagine, diffonde con qualsiasi mezzo riprese audio o video, compiute fraudolentemente di incontri privati o registrazioni, pur esse fraudolente di conversazioni anche telefoniche o telematiche, svolte in sua presenza o con la sua partecipazione, è punito con la reclusione fino a quattro anni.”
La punibilità di questa diffusione è esclusa solo ed esclusivamente quando certe conversazioni o immagini vengono diffuse per essere utilizzate in procedimenti giudiziari, per l’esercizio del diritto di difesa o per diritto di cronaca.
Non parliamo solo della diffusione fraudolenta di queste conversazioni ma anche di reati gravi ad essa collegati. Vediamoli insieme.
I reati collegati alla diffusione di conversazioni private
La condivisione di questi contenuti si lega, inevitabilmente, a due fenomeni in grande crescita: Il Sexting ed il Revenge Porn.
Il Sexting è, banalmente, “l’invio di testi o immagini sessualmente esplicite tramite Internet o telefono cellulare” e il vocabolo utilizzato per descrivere queste azioni non è altro che l’unione delle parole sex e texting.
Questo fenomeno è molto in voga tra gli adulti consenzienti ma, recentemente, il sexting si è diffuso a macchia d’olio tra i nostri ragazzi di ogni scuola e grado. Una statistica ha evidenziato come questo fenomeno sia entrato di prepotenza anche nelle scuole elementari, dove, incredibile a credersi, anche i bambini si scambiano materiale sensibile senza considerare le conseguenze.
Prima, significativa, conseguenza di questa condivisione è la pedopornografia. La seconda conseguenza, invece, lega i contenuti sensibili alle minacce. Ed è questo il caso del Revenge Porn, del quale abbiamo parlato in maniera approfondita nel nostro blog, all’articolo Cos’è il Revenge Porn e come difendersi.
In Italia, minacciare la condivisione di materiale intimo, conversazioni comprese, è considerato reato. Se alle minacce si aggiunge, poi, un’estorsione e quindi la richiesta di denaro, il fenomeno prende il nome di Sextortion.
Vocaboli ormai noti ai più, utilizzati per indicare comportamenti estremamente vili e lesivi, nella dimostrazione dei quali, come sempre, si inserisce la figura dell’investigatore.

Cosa può fare l’investigatore?
Come nel caso del Revenge Porn o dei Sextortions, vi raccomandiamo la tempestività.
La condivisione di una conversazione privata non è meno grave della condivisione di fotografie e video.
Certi comportamenti vanno stroncati sul nascere, se possibile, perché anche una sola condivisione scatena un effetto a catena difficile da arrestare.
L’investigatore, da voi incaricato, raccoglierà tutte le prove di questa diffusione, cercando i vostri contenuti sul web e accompagnando queste prove alle vostre denunce.
Quando si tratta della condivisione di materiali sensibili, infatti, è sempre bene presentare denuncia alla Polizia Postale, reparto della Polizia dedicato al contrasto di questi fenomeni.
Non affrontate da soli queste situazioni delicate e affidatevi a chi può darvi una mano, senza pregiudizi.