Abbiamo approfondito più volte il ruolo dell’investigatore e la sua attività. Abbiamo analizzato le prove raccolte ed il loro utilizzo in sede di giustizia. Oggi vediamo insieme se l’investigatore può essere chiamato a testimoniare, quando e in quali situazioni.
La Raccolta delle Prove
Come teniamo a ribadire spesso, l’investigatore privato è un professionista autorizzato, titolare di una licenza prefettizia. La particolare licenza, che risponde all’art. 134 del Testo Unico di Pubblica Sicurezza, permette a questi professionisti di essere incaricati e svolgere indagini per conto di altri.
Gli ambiti in cui un investigatore può essere utile sono molteplici. Dalle investigazioni private a quelle aziendali, gli investigatori sono ottimi alleati sia per le famiglie che per gli imprenditori.
In situazioni delicate, l’attività dell’investigatore diventa quasi fondamentale, soprattutto quando si tratta di tutelare alcuni diritti nelle aule di giustizia.
Pensate al diritto di famiglia, alle separazioni, all’affidamento dei figli e ancora al diritto del lavoro, con i licenziamenti per giusta causa o la concorrenza sleale.
Certo, il parere di un investigatore non è sufficiente per tutelare un diritto, ecco perché questo professionista può e deve raccogliere prove della sua attività, per confermare o smentire la tesi su cui sta lavorando.
L’investigatore può utilizzare diversi mezzi di raccolta delle prove e quelli tecnologici sono sicuramente i più validi. Fotocamere ad alta risoluzione, apparecchiaura video, in alcuni casi i GPS ecc.
Le prove raccolte durante le indagini vengono poi inserite in un dossier, la relazione investigativa, che riporta con dovizia di particolari l’attività dell’investigatore.
Nel corpo di essa si trova non soltanto il racconto dell’indagine ma anche le fotografie ed i video a supporto. La relazione viene presentata in giudizio e se nessuno la contesta, entra a far parte delle cosiddette prove atipiche. Ma cosa succede se qualcuno ne contesta il contenuto o la veridicità? Vediamolo insieme.
La Testimonianza
Come si può risolvere una contestazione sul materiale investigativo raccolto? Sicuramente con una testimonianza. Partiamo dal caso più semplice e cioè dalla possibilità che non soltanto l’investigatore ma anche una terza persona abbia assistito al fatto.
Poniamo il caso che un marito scopra il tradimento della moglie attraverso il telefono e che ne mostri il contenuto ad un parente o ad un amico. In quel caso, anche questi ultimi possono essere chiamati a confermare la condotta.
Il caso dell’investigatore è sicuramente più complesso e particolare, perché questo professionista raccoglie prove in un documento che riporta immagini con date e ore precise. Si sa però che la tecnologia permette a chiunque di modificare dati ed immagini, perciò nel caso di una contestazione, il giudice può chiamare l’investigatore a testimoniare.
La sua testimonianza giurata è ammessa come prova tipica e va ad avvalorare il contenuto della sua relazione e la legittimità del suo lavoro.
Al momento della testimonianza, il giudice non dovrà far altro che prendere atto e decidere di conseguenza sulla questione.
Una piccola specifica finale ma molto importante. Il fatto che l’investigatore venga retribuito da una delle due parti, non compromette minimamente il suo operato e la sua buonafede.
Ogni investigatore professionista sa di dover raccontare esclusivamente la verità, in ogni caso.
Cosa vi consiglia l’investigatore
La prima cosa su cui vi invitiamo a porre attenzione è la licenza. La professione di investigatore privato è, purtroppo, soggetta a numerosi casi di abusivismo. Esistono falsi professionisti che, in assenza di legittimazione, svolgono attività investigativa illegalmente.
Un professionista non autorizzato non soltanto raccoglierà prove inutilizzabili ma, soprattutto, non potrà mai prestare la sua testimonianza in sede di giustizia.
Perciò, come sempre, siamo a ribadire la necessità di rivolgersi ed incaricare esclusivamente professionisti autorizzati, che sapranno accompagnarvi nel vostro delicato percorso.